Vi siete mai chiesti quanto può costare a un'azienda puntare sul talento sbagliato? Page Personnel quest'estate ha fatto un'analisi molto interessante a proprio a questo questo riguardo. E i risultati fanno sobbalzare. Per esempio se inserisci in area sales un giovane con un'esperienza dai tre ai cinque anni, che non ingrana e non supera il periodo di prova ci perdi più di 40 mila euro, mentre per un giovane ingegnere dall'alto potenziale nelle stessa situazione: quasi 60 mila. In ambito finanza l'azienda ci rimette un meno, soprattutto perché la formazione è meno costosa, ma siamo comunque sui 35 mila euro.
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giovedì 26 febbraio 2015
Videogames: la passione può diventare lavoro
Se siete appassionatissimi di Videogames, potete provarci. Trasformare la passione in lavoro non è così difficile. Almeno dal punto di vista delle opportunità che offre il mercato. La crisi c'è anche qui, ma ci sono anche numeri confortanti. Come quelli della Statale di Milano: il 66% degli studenti informatici che hanno svolto la tesi in area videoludica negli ultimi anni ha trovato il posto già prima di laurearsi. Oppure, per fare un esempio all'estero, quelli della City University London:
l'84% dei suoi neolaureati in computer gaming viene assunto entro 6 mesi dal titolo e si arriva al 100% per chi mette in curriculum uno stage. Ma, soprattutto, sfogliando le pagine careers delle softwarehouse si trova una ricerca di programmatori, game designer, artisti, animatori e altri professionisti del settore è sorprendentemente numerosa. Qualche nome di azienda con posizioni aperte? Ubisoft, Rockstar Games, Sega Europe.
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l'84% dei suoi neolaureati in computer gaming viene assunto entro 6 mesi dal titolo e si arriva al 100% per chi mette in curriculum uno stage. Ma, soprattutto, sfogliando le pagine careers delle softwarehouse si trova una ricerca di programmatori, game designer, artisti, animatori e altri professionisti del settore è sorprendentemente numerosa. Qualche nome di azienda con posizioni aperte? Ubisoft, Rockstar Games, Sega Europe.
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La carriera del ceo? Può passare dalle risorse umane
Ebbene sì, la carriera di un ceo può cominciare dalle risorse umane. O almeno passarci. E' stato così per Mary Teresa Barra, prima donna ceo di un colosso automobilistico, 35ima della prestigiosa «World's 100 most powerful women» di Forbes: il rampante ingegnere elettrico, madre di due figli, ha lavorato tre anni nelle Hr. E se ci si guarda in giro si scopre che Mary, ha qualche «collega». A cominciare da Nigel Travis, ceo e presidente del Dunkin'Brands Group: «La mia unica ambizione era essere il migliore Hr possibile», ha raccontato lo scorso anno a Forbes Mr Travis, che è laureato in risorse umane e ha lavorato in quel campo per 20 anni, prima di scalare i vertici aziendali. Ma anche Anne Mulcahy ex ceo del produttore di stampanti e fotocopiatrici Xerox, ha orbitato nell'ambito per diversi anni. Ed esperienze nell'area hanno pure Sam Allen, attuale numero uno del costruttore di macchinari agricoli John Deere, Steven L. Newman della società di trivellazione Transocean e Jim Smith, il ceo di Thomson Reuters.
Ma il fenomeno riguarda anche noi: in Italia c'è chi dalle risorse umane è arrivato in alto. Due esempi? Eliano Omar Lodesani, chief operating officer d'Intesa Sanpaolo: si è occupato di «personale» per i primi 20 anni della sua carriera. E un passaggio nell'area l'ha in cv pure Roberto Masi, l'amministratore delegato di McDonald's Italia.
Feria libera: sogno o incubo?
E se il capo vi lasciasse liberi di stare a casa del lavoro quando volete? Lo ha fatto Richard Branson, l'eccentrico patron della Virgin dopo l'estate. Ha lanciato direttamente dal suo blog la politica delle ferie libere: ore e giorni off senza chiedere il permesso a nessuno per i suoi 170 dipendenti degli headoffice Usa e Uk. E naturalmente l'effetto della notizia è stato dirompente su giornali, siti, blog di tutto il globo (Italia inclusa). Qualcuno è arrivato, addirittura, a evocare la Libertà dalla schiavitù. Ma la feria libera ha una faccia nascosta. Branson stesso si è affrettato a precisare che si può stare a casa dal lavoro sì, ma quando si è certi al 100% di aver sotto controllo tutto (anche i progetti della propria squadra) e di non danneggiare il business. Il che potrebbe far scattare la domanda: "E se questo momento di calma non arrivasse mai?".
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venerdì 6 febbraio 2015
Il "vecchio" biglietto da visita? No, non se ne può fare a meno
Ebbene sì, nell'era tecnologica e delle rottamazioni il biglietto da visita non va in pensione. Personalmente non sono mai stata tra i suoi fan. Anzi, peggio: l'ho sempre giudicato un’usanza “Neanderthal”. Ma la realtà è un'altra: il "cartoncino" nel terzo millennio è utile, anzi necessario. L'ha dovuto ammettere anche una come Joanna Stern, la personal tech columnist del Wall Street Journal: “Come fanno le menti più tecnologiche del pianeta a scambiarsi i contatti oggi? - ha scritto - Si scambiano i biglietti da visita. E la sola cosa peggiore di scambiarsi i biglietti da visita è non esserne muniti”. Attenti però a non esagerare.
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Il Capo? Meglio maschio
C'è da dire che da quando la Gallup cominciò a "interrogare" su questi argomenti i consensi per il cromosoma X sono saliti. Ma si parla di un miglioramento minimo dal lontano 1953. In questi 60 anni è caduto il muro di Berlino, è stata sconfitta l'Apartheid, si è trasformato il mondo, ma il gap tra i generi è rimasto ben saldo.
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Curriculum: con la crisi aumentano le bugie
Troppa enfasi, iperboli, omissioni, veniali imprecisioni, ma anche sparate tanto grosse da finire sui giornali: cresce la tendenza a ritoccare il curriculum. Un esperto di selezione su 3 ha raccontato a Careerbuilder che il “problema” in America è peggiorato con la recessione. Ma anche in Italia non è molto diverso.
Si mente sulle date (oggi per coprire "buchi"), si gonfiano le qualifiche e le competenze, ci si inventa sportivi. Ma la “bugia” più diffusa dei nostri tempi secondo Francesca Contardi, amministratore delegato di Page Personnel è sul fronte fotografia. Photoshop fa grandi miracoli. Ed, ebbene sì, qui a “peccare” sono soprattutto le donne.
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Si mente sulle date (oggi per coprire "buchi"), si gonfiano le qualifiche e le competenze, ci si inventa sportivi. Ma la “bugia” più diffusa dei nostri tempi secondo Francesca Contardi, amministratore delegato di Page Personnel è sul fronte fotografia. Photoshop fa grandi miracoli. Ed, ebbene sì, qui a “peccare” sono soprattutto le donne.
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